Festività soppresse: di cosa si tratta e come funzionano
L’argomento delle festività soppresse affronta una tematica affascinante che incrocia tradizioni e le normative lavorative. Il fenomeno delle ex festività consiste nell’abolizione di alcuni giorni, un tempo considerati festivi, legati prevalentemente a celebrazioni religiose oggi non più festeggiate; oggi queste festività soppresse, comunemente conosciute come ex festività, non rientrano più tra le festività nazionali riconosciute dal nostro Stato.
Con il tempo queste festività soppresse sono state trasformate in permessi retribuiti, permettendo in questo modo ai lavoratori di usufruire di tempo libero per motivi personali senza rischiare di intaccare il proprio stipendio. Questa tipologia di permesso, che sostituiscono appunto le ex festività, oggi vengono spesso definiti come ex festività retribuite.
A livello nazionale la contrattazione collettiva ha svolto un ruolo fondamentale nel garantire ai lavoratori, una compensazione per l’abolizione di questi quattro giorni di festività religiose. Tramite specifici accordi sindacali, si è potuto raggiungere un equilibrio che ha permesso di mantenere un diritto fondamentale per i lavoratori: quello di godere di quattro giorni (equivalenti a 32 ore) di permessi individuali retribuiti nel corso dell’anno, in qualità di sostituzione delle festività soppresse.
In questo articolo, cercheremo di approfondire ulteriormente l’argomento delle festività soppresse o ex festività, per comprendere meglio come questo aspetto influenzi il mondo del lavoro e le tradizioni culturali del nostro paese.
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Ex festività: quali sono le festività soppresse
Attualmente, nell’ordinamento italiane, sono riconosciute tre festività civili nazionali:
- Festa della Liberazione, 25 aprile
- Festa dei Lavoratori, 1° maggio
- Festa della Repubblica, 2 giugno.
Oltre a queste festività civili nazionali, il nostro ordinamento prevede diverse festività religiose durante le quali i lavoratori hanno diritto a non lavorare:
- l’Immacolata
- Natale
- Santo Stefano
- Capodanno
- Epifania
- Pasqua
- Pasquetta
- Ferragosto
- Ognissanti
Tuttavia il tema delle festività soppresse è nato perché in passato il nostro ordinamento ne riconosceva altre cinque:
- San Giuseppe (conosciuta anche come Festa del papà)
- Ascensione
- Festa dell’Unità Nazionale
- Corpus Domini
- Santi Pietro e Paolo.
Queste ex festività sono state regolamentate dalla legge 269/1949, ed in seguito abrogate dalla legge 54/1977 e da provvedimenti che sono seguiti a questo, e non sono state più ripristinate.
Tali festività soppresse dall’ordinamento italiano, dopo una serie di accordi sindacali, sono state trasformate in permessi retribuiti, andandosi a sommare alle ferie maturate dal lavoratore, per compensare il fatto che potevano più essere riconosciute come giorni di riposo.
Quindi è ovvio che se una ex festività cade in un giorno lavorativo del dipendente, lo stesso potrebbe avere diritto a un permesso retribuito facendone richiesta al datore di lavoro. Come abbiamo visto nel corso di altri articoli di approfondimento, come ad esempio quello sulla reperibilità, ci teniamo a precisare che questo è un aspetto legato al contratto collettivo di lavoro applicato, e nel nostro paese abbiamo una miriade di CCNL che differiscono tra loro a volte per piccole sfumature.
Probabilmente avrai notato che nell’introduzione abbiamo parlato di 4 giorni di ex festività (32 ore) trasformati in permessi per compensare festività soppresse, mentre nell’elenco appena fatto le festività soppresse in verità sono 5. Questo perché l’ex festività del Corpus Domini, che come ogni anno cade di domenica (nel 2023 sarà l’11 giugno), non dà diritto a permessi ex festività proprio perché è una festività soppressa che ha sempre interessato un giorno non lavorativo.
Tuttavia per le festività soppresse di San Giuseppe, Ascensione, Festa dell’Unità Nazionale, Corpus Domini e Santi Pietro e Paolo, i lavoratori hanno diritto a un permesso compensativo ex festività, regolarmente segnalato in busta paga, messo a disposizione per eventuali necessità personali del lavoratore stesso.
Per chi lavora a Roma la situazione è diversa per quanto riguarda la festività di San Pietro e Paolo del 29 giugno. Per i romani infatti il 29 giugno non è una ex festività ma una festa patronale della Capitale, è quindi un giorno festivo a tutti gli effetti. Per tutti gli altri lavoratori dipendenti, invece, risulterà essere una delle festività soppresse, regolamentata quindi come abbiamo visto sopra.
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Calcolo ore festività soppresse
Per comprendere quante ore di festività soppresse spettano ad un lavoratore, bisogna considerare che, come per i ROL in busta paga, e la maturazione delle ferie, le ex festività maturano proporzionalmente alla quantità di lavoro prodotta nell’arco dell’anno, con scatti che si accumulano su base mensile. Ogni mese quindi un dipendente accumula 1/12 delle ore totali di permesso per le ex festività che gli spettano durante tutto l’anno.
Facciamo un esempio pratico con CCNL che prevede i 4 canonici giorni, quindi 32 ore di ex festività in un anno: ogni mese il lavoratore maturerà circa 2,66 ore di questi permessi (applicando la formula 32/12=2,66).
Come abbiamo detto sopra è importante notare che queste ore possono differire di CCNL in CCNL, quindi non è possibile prendere quanto detto come universalmente valido.
Un ultimo aspetto da tenere in considerazione è che il conteggio delle ex festività dipende fortemente dalla quantità di ore previste dal contratto. Essendo le ore di permessi ex festività inquadrate come una compensazione di giorni di festività soppresse dall’ordinamento italiano, anche le ore di ex festività che si maturano nell’arco dell’anno saranno proporzionate in base al numero di ore previste dallo specifico contratto di lavoro. Per fare un esempio un part-time al 50% darà diritto alla metà di ore totali di festività soppresse.
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